La Direttiva (UE) 2022/2464 la c.d. CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) ha introdotto nuove regole in materia di rendicontazione di sostenibilità che si applicheranno a partire dall’esercizio 2024 alle imprese già soggette agli obblighi di rendicontazione di informazioni non finanziarie. L’obbligo di rendicontazione si estenderà, poi, a partire dall’esercizio 2025 anche alle imprese non quotate che abbiano mediamente più di 250 dipendenti ovvero un fatturato superiore a 40 milioni di euro o un totale patrimoniale superiore a 20 milioni di euro.
La CSRD avrà grande impatto in termini di responsabilità sociale dell’impresa e anche in termini di responsabilità personale degli amministratori, oltre che degli organi di controllo e dei revisori chiamati a fornire l’assurance dei bilanci di sostenibilità.
Introduce nuovi obblighi di rendicontazione relativamente alla governance della sostenibilità, imponendo obblighi di disclosure in merito:
- alla strategia, agli obiettivi, al ruolo del consiglio di amministrazione e della dirigenza;
- alle principali ripercussioni negative legate all’attività dell’impresa e alla sua catena del valore;
- alle attività immateriali;
- alla modalità con cui le imprese hanno individuato e determinato i dati relativi alle informazioni rendicontate.
Diventa così centrale il concetto della Due Diligence, quell’obbligo di agire informato e di rendere conto, che le imprese devono attuare e che impone di individuare, prevenire e mitigare le principali ripercussioni negative, effettive e potenziali, legate alle loro attività, per porvi rimedio e per identificare le corrette modalità per affrontarle e gestirle.
La Proposta di CSDDD (Corporate Sustainability Due Diligence Directive o Supply Chain Act) che si prevede venga introdotta nel 2026, poi, amplierà ulteriormente le suddette responsabilità, prevedendo l’obbligo di predisporre una due diligence policy da aggiornare annualmente e l’obbligo di adottare tutte le misure possibili per individuare, prevenire, eliminare o, in ogni caso, minimizzare gli impatti negativi dell’attività propria e di tutta la catena del valore sull’ambiente e sulle persone.
Sebbene le piccole e medie imprese non rientrino direttamente nell’ambito di applicazione della CSDDD, ne risentiranno indirettamente, in quanto dovranno rispettare gli standard nel loro ruolo di fornitori di aziende più grandi che rientrano nell’ambito di applicazione.
La CSRD impone anche di adottare, nella rappresentazione del valore dell’impresa per mezzo del bilancio d’esercizio, un approccio diverso, non più solo retrospettivo, bensì anche prospettico: un approccio “forward looking”, guardando quindi sempre più in avanti e non solo al passato.
E’ questo l’approccio che sta alla base anche delle politiche del EBA (European Banking Authority).
A giugno 2021 l’EBA ha pubblicato un “Rapporto sulla gestione e la supervisione dei rischi ambientali, sociali e di governance (ESG)”.
Il Rapporto dell’EBA si concentra sulla resilienza delle istituzioni al potenziale impatto finanziario dei rischi ESG su diversi orizzonti temporali, (i) coniando una definizione comune di “fattori ESG” e di “rischi ESG” ed elencandoli in una lista non esaustiva di esempi di fattori ESG (Annex 1 al Rapporto) e (ii) raccomandando di integrare tempestivamente i rischi ESG nelle strategie aziendali, nella governance e nella gestione del rischio, nonché nella supervisione, delle istituzioni finanziarie.
Di grande impatto per tutte le imprese sono poi gli “Orientamenti in materia di concessione e monitoraggio del credito” (EBA/GL/2020/06 – Guidelines on loan origination and monitoring), pubblicati a giugno 2020 ed a cui la Banca d’Italia ha dato attuazione con nota n. 13 del 20 luglio 2021. Il termine ultimo, per gli istituti di credito, per adeguarsi alla normativa, è il 30 giugno 2024.
Ciò che principalmente emerge è l’obbligo per gli istituti di credito di adottare un nuovo approccio alla valutazione del merito creditizio.
In breve, tutti gli ambiti toccati dal provvedimento, e che riguardano la “governance interna degli istituti di credito” (sezione 4), le “best practices da seguire nell’istruttoria per la concessione del credito” (sezione 5), la “determinazione del prezzo da applicare alla clientela sulla base del rischio assunto” (sezione 6), le modalità di valutazione delle garanzie reali accessorie del credito” (sezione 7) ed i “requisiti di vigilanza” (sezione 8), sono improntati al nuovo approccio “forward looking”, vale a dire una valutazione realistica e sostenibile del reddito e dei flussi di cassa futuri del cliente, che consideri la garanzia reale e l’escussione della stessa come un “piano B”, una via d’uscita, alternativa e subordinata, in caso di default o di deterioramento del profilo di rischio del cliente.
Affinché la valutazione del reddito e dei flussi di cassa futuri del cliente e quindi della capacità di rimborso del debito sia “realistica e sostenibile”, l’analisi del contesto economico, sociale e giuridico dell’impresa dovrà essere estesa ai fattori ESG, con particolare riguardo ai fattori ambientali, all’impatto sul cambiamento climatico, e all’adeguatezza delle misure e delle strategie di mitigazione di tale impatto adottate.
È evidente che il nuovo approccio alla valutazione del merito creditizio da parte degli istituti di credito costringerà le imprese, anche quelle di dimensioni minori, ad adottare strumenti di monitoraggio del proprio equilibrio economico-patrimoniale-finanziario e sistemi di autovalutazione sui temi ESG, al fine di pianificare la sostenibilità anche di medio-lungo periodo, pena l’esclusione dall’accesso al credito.