Autore: dott. Alessandro Murru
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 35527 del 19 dicembre 2023, ha sostenuto la cessazione dell’attività d’impresa quale unica causale legittimante il licenziamento della lavoratrice in maternità.
Nel caso in esame, la Corte di Cassazione confermava la nullità del licenziamento irrogato nei confronti della lavoratrice poco dopo il rientro dal periodo di congedo di maternità obbligatorio e prima che il figlio compisse un anno di età, giustificato dalla società datrice di lavoro con l’intervenuta dichiarazione del fallimento dell’azienda.
Secondo gli ermellini – al di fuori del caso di colpa grave imputabile alla lavoratrice e costituente giusta causa – l’unico motivo legittimante il licenziamento di una lavoratrice madre prima del compimento di un anno di età del figlio è la cessazione dell’attività. Peraltro, il concetto di “cessazione dell’attività” va inteso in senso sostanziale e rigoroso: infatti, al fine di giustificare il recesso, deve essere esclusa dal perimetro operativo della cessazione di azienda “ogni possibilità che comporti, in qualche modo, la continuazione o la persistenza dell’impresa, a qualsiasi titolo essa avvenga”.
Nel caso in esame, infatti, erano in corso attività conservative – e non di sua liquidazione – da parte dell’impresa al momento del recesso; pertanto, non sussistevano i presupposti per procedere ad un licenziamento.
Per tal motivo, la Cassazione ha dichiarato la nullità del licenziamento, rigettato il ricorso proposto dal fallimento e confermato quanto la giurisprudenza ponga sempre particolare attenzione al fattore di rischio della maternità e dello stato di gravidanza delle lavoratrici.